Gli speleologi alla ricerca di grotte glaciali in Val Venosta

Andrea Benassi, a caccia di vuoto sotto i ghiacciai delle Alpi Venoste.

Val Venosta – Almeno cinque le grandi grotte di contatto (subglaciali) identificate con una prima ricognizione da Andrea Benassi, speleologo casolano, in un piccolo ghiaccio in rapida regressione.

Una zona poco frequentata dalla speleologia glaciale, ma che sembra regalare ottime prospettive.

La più lunga delle grotte identificate supera il mezzo chilometro di sviluppo e promette ulteriori prosecuzioni.

“Una situazione complessa dove torneremo a breve” Afferma Andrea Benassi “anche per approfondire e studiare l’entità nella zona e nel reticolo ipogeo dell’ARD: l’acid rock drainage.”

L’Acid Rock Drainage è un fenomeno nuovo e inquietante, purtroppo sempre legato al cambiamento climatico. Lo scioglimento del ghiaccio e del permafrost alpino innesca in tutto il mondo l’acidificazione delle acque prodotte dai rock glacier, ovvero i ghiacciai neri coperti di detriti.

Tra i minerali carichi di solfuri metallici, una volta liberati dal ghiaccio e posti a contatto con acqua e aria, si innescano processi biochimici che portano alla formazione di acido solforico e quindi ad acque con ph estremamente basso.

Un problema nuovo i cui effetti termodinamici potrebbero intrecciarsi anche con l’evoluzione delle grotte glaciali e dei circuiti di drenaggio subglaciali delle grotte di contatto entrando in modo inaspettato nel bilancio energetico complessivo del ghiacciaio.

Osservando l’area nel periodo 2003-2021 si nota l’accelerazione prodotta dai collassi circolari e la relazione con le grotte di contatto in destra idrografica, nonché la rapida trasformazione della lingua in ghiacciaio nero prima e quindi in rock glacier poi. Questi ultimi dieci mesi non hanno prodotto sostanziali cambiamenti nell’area o nei drenaggi ipogei, anche se hanno portato ad una ulteriore regressione della massa glaciale con perdita media di circa 10 metri sui margini.

“Heavy Metals”: una grande galleria – meandro endoglaciale, relitto ormai non più attivo che si sviluppa per circa 50 metri sul fianco di un rock glacier alla cui base sono presenti drenaggi acidi

Grande traforo subglaciale (grotta di contatto) evolutosi molto rapidamente negli ultimi dieci anni, si presenta attualmente lungo circa 150 metri e traversa un braccio del ghiacciaio fino ad una grande depressione- collaso interna creatasi negli ultimi due anni. I grandi scallops sul soffitto testimoniano l’ablazione per effetto della circolazione d’aria e della condensazione delle nebbie di evaporazione prodotte dell’incontro tra la massa d’acqua entrante a T° più alta e la temperatura interna della galleria che porta le nebbie a condensare sul soffitto liberando energia termica nel passaggio di fase da gassoso a liquido, energia che contribuisce all’ablazione e al modellamento degli scallops.

“Grotta degli uomini cavi”: Ingresso di un lungo sistema di gallerie labirintiche a struttura dendritica che si sviluppa per oltre 500 metri sul fianco del ghiacciaio. 

Uno dei molti drenaggi acidi presenti sul ghiacciaio. L’acqua qui ha un ph di 2.8 e si presenta carica di metalli pesanti in concentrazioni che la rendono ovviamente non potabile e pericolosa: ferro, bromo, rame, piombo e ovviamente alluminio in grandi quantità e che precipita appena il ph sale oltre 5 lasciando una traccia bianca sulle rocce.

Il grande arco-relitto che si comporta attualmente come bocca terminale del ghiacciaio e oltre il quale si apre l’enorme anfiteatro (oltre 200 metri di diametro) prodottosi negli ultimi due anni come collasso. La presenza di questo tipo di fenomeni rapidissimi, sta accelerando ed ha portato a diverse ricerche per cercare di approfondire i meccanismi che portano a questi enormi collassi circolari (definiti da alcuni autori funnel-shaped a forma di imbuto, noi diremmo doline, sinkhole glaciali) e che si presentano spesso in associazione con la presenza di grotte di contatto. La grande portata di acqua scava in questo caso anche nel detrito alluvionale che fa da base, mentre il soffitto di ghiaccio appare profondamente lavorato dai flussi d’aria che si incanalano nella condotta scendendo dal ghiacciaio. La grande sezione della condotta testimonia inoltre i possibili effetti del repentino svuotamento di un possibile bacino subglaciale a seguito del collasso interno.

Powered by WPeMatico